piazza Prefettura
La Basilica dell’Immacolata Concezione sorge sui resti di un’antica chiesa, intitolata alla SS.Trinità anno 1100, una delle più antiche che seguirono per prima il rito latino. Successivamente s’aggiunse accanto la struttura del convento di San Francesco d’Assisi con i frati Minori Conventuali, che furono i primi ad arrivare in città. Venne probabilmente edificato intorno al 1250. Nello specifico alcuni documenti fanno rivivere anche i momenti dell’Arciconfraternita, a partire dall’anno di fondazione sino ad arrivare ai giorni nostri. Il 7 agosto 1809 il convento fu soppresso e i frati furono costretti ad andare via, di conseguenza l’immobile passò al demanio e utilizzato negli anni a seguire a vari uffici, tra cui la Pretura. Rimase in piedi fino al 1930, quando si decise di demolire altri fabbricati come il vecchio teatro, denominato “Piccolo San Carlino per realizzare lo sventramento del Paisello e l’allargamento della piazza. A metà del 1600 anche a Catanzaro si diffuse la peste e i fedeli fecero un atto di voto alla Vergine Immacolata, che diventerà la Santa Patrona della città, insieme a San Vitaliano. Considerato importante questo luogo di culto dai Re Carlo II nel 1635 e Carlo III, quest’ultimo in visita a Catanzaro nel 1735. Entrambi la dichiararono “Cappella Reale”. Tuttavia le condizioni architettoniche della chiesa non erano delle migliori, quindi si decise di abbattere la vecchia struttura nel 1750 e costruire una chiesa più ampia su progetto di Padre Antonio Matalona, che era architetto ed ingegnere e il 6 dicembre del 1763 venne aperta al pubblico e benedetta dal vescovo, mons. De Cumis. Vennero eseguiti rimaneggiamenti e modifiche per tutto l’800, mentre ai primi del ‘900 si decise di aggiungere alla navata centrale due navate laterali, per cui l’interno si dispose a croce latina e venne riprogettata anche la cupola, sormontata da un cupolino e riproposta con otto finestroni, intervallati da paraste di ordine corinzio con gli affreschi ad opera dei pittori calabresi Andrea Cefaly Antonio e Felice Fiore, altri del pittore catanzarese Guido Parentela. L’ingegnere Parisi progettò la nuova facciata nel 1913 in stile barocco. La chiesa venne elevata al titolo di Basilica minore nel 1954 e aggregata a quella di Santa Maria Maggiore di Roma e nel 1998 assunse anche il titolo di Santuario Mariano Diocesano dall’arcivescovo Mons. A. Cantisani. Per accedervi c’è una breve scalinata, realizzata con il granito di Stalettì e il portale di legno, un tempo in ferro, affiancato da sei colonne con capitello e sormontato da un rosone, che riporta l’immagine della Vergine Maria con la scritta: “Quasi Aurora Consurgens” (Come l’alba del risveglio). L’altare maggiore del 1775 è in marmi policromi e i due altari laterali sono dedicati: quello di sinistra alla Vergine Immacolata, rappresentata da una statua lignea, vestita di un abito in seta con splendidi ricami d’argento e oro, risalente tra la fine del ‘500 e inizi ‘600, mentre l’altare a destra è dedicato a San Vitaliano con una statua lignea del 1857, riposta recentemente in sacrestia e al suo posto è stato collocato il busto in argento, proveniente dal Duomo, chiuso per lavori. Le otto cappelle disposte su ambo i lati, conservano altrettanti altari ottocenteschi in marmi policromi con notevoli opere. Pregevoli i dipinti di San Bruno e di San Domenico del pittore Sesto Bruno. Sono presenti ai lati e in basso dell’altare della Vergine Immacolata gli Scarabattoli, opere in cera dei primi del ‘700 della suora Caterina de Julianis, che rappresentano la Natività, la Deposizione, la visita dei Re Magi, e la Morte.
GLI SCARABATTOLI
Attualmente esposti ai lati dell'altare della Vergine Immacolata, nell'omonima basilica, sono un pregevole esempio di arte “ceroplastica” (antica tecnica della lavorazione della cera) realizzati dalla modellatrice e pittrice napoletana, Caterina de Jiulianis, nata a Napoli intorno al 1670. Le opere, custodite in particolari bacheche protette da un vetro, rappresentano figurativamente diverse tematiche quali:
- “La Natività”, (foto) con la scena della “Sacra Famiglia” con la Vergine Maria e S. Giuseppe posti in un contesto di blocchi in pietra, in alto due cherubini in adorazione. Il paesaggio riproduce i particolari dei classici presepi.
- “L’Adorazione dei Magi”, qui viene ricostruita la scena dell’arrivo dei Magi alla grotta. I tre “Sapienti” sfilano accompagnati da valletti e da uno gnomo “giullare” che porta un particolare uccello colorato.
- “Il Tempo”, in primo piano la figura barbuta di Kronos, quale allegoria del “tempo”, con accanto un orologio, un cadavere in fase di decomposizione e ancora la “morte coronata” con lo scettro, intorno, ossa umane sparse, per sottolineare la tematica “lugubre”.
- “Il Compianto sul Cristo”, viene scenograficamente sottolineata la drammaticità, portando a riflettere sulla caducità e mortalità dell’uomo. Gli occhi dei diversi personaggi sono in vetro, i fiori, realizzati con piccoli petali, la stoffa dei vestiti, finemente sminuzzata e ridotta in polvere, venne unita alla cera per ottenere il massimo della naturalezza. I veli della Vergine e del Bambin Gesù sono realizzati con budello di animale mentre per l’uso di prezioso filo d’argento, intrecciato negli abiti della Madonna e San Giuseppe ed infine gli abiti dei Magi, finemente incorporate nella cera d’api e successivamente dipinta sono decorati con le perle. Un lavoro di pregevole maestria nell'uso di materiali tra i più diversi.



